Cerisola

Rapallino o turista, chiunque abbia l’accortezza di soffermarsi e di osservare Rapallo nei primi tre giorni di luglio non può fare a meno di accorgersi che tutto ciò che lo circonda è pervaso da una curiosa frenesia, una febbrile attesa. Animata e trasformata la città mostra tutta la sua bellezza preparandosi a celebrare la festività in onore di N. S. di Montallegro. Semplice tradizione, taglierebbe corto qualcuno, quasi si trattasse di un pacchetto preconfezionato di usanze che si tramanda sterile e per inerzia di generazione in generazione. Uno sguardo attento può cogliere tuttavia una realtà ben diversa. Alle prime luci del mattino chioschi e bancarelle sono montati nelle vie principali della città; i fedeli da soli o a piccoli gruppi entrano con rispetto nella Basilica Arcipresbiteriale preparata festa e, dopo un timido inchino o un più marcato segno di croce, si rivolgo- no alla statua che silenziosa staziona sul primo altare della navata sinistra oppu- re, avanzando di qualche passo, pregano alcuni minuti presso la preziosa arca argentea animata dai riflessi tremuli delle numerosissime candele che la cingono da ogni lato; le bandierine con i colori dei sestieri segnano le strade marcando i confini. Il sole cala, le luminarie si accendono e mentre la notte prosegue la superficie del mare si trasfigura, accarezzata dalle luci di centinaia e centinaia di lumini, appena prima che il cielo si tinga delle luminose cromie degli spettacoli pirotecnici. La tradizione si svela come un insieme di attimi, di momenti diversi, ognuno dei quali porta con sé gioia, ansia, tremiti, passioni; una tela intessuta filo dopo filo nel corso del tempo che racconta e testimonia la profonda fede dei rapallini per la Vergine apparsa sul Monte 458 anni fa. Un legame che coinvolge tutta la città e di cui i sestieri cittadini (dial. Sestê) sono espressione e custodi.

Il sestiere Cerisola nasce dalla progressiva disgregazione nel corso dell’età moderna del quartiere di Amandolesi (dial. Mandolexi), una delle due antiche circoscrizioni suburbane che fin dal XII secolo suddividevano il plebeio rapallino al di là delle mura che fasciavano il borgo, racchiusa tra il corso del torrente S. Francesco e il fiume Boate.

Il toponimo (dial. Seixeua) è attestato per la prima volta nelle fonti documentarie del XVII secolo riferito a due cappelle rurali situate tra la collina di S. Agostino e il solco vallivo del rio Monti, in una zona destinata alla coltivazione dei ciliegi, piante da frutto che fin dal Medioevo dovevano essere capillarmente diffuse in loco se già in un documento del 1261 si denomina proprio Celexeto una specifica area del quartiere Amandolesi. Cerisola significa dunque costa/luogo delle ciliegie.

Il territorio del sestiere include oggi buona parte del centro cittadino e risulta interamente compreso all’interno della Parrocchia dei Santi Gervasio e Protasio. A nord è delimitato dalle Parrocchiali di S. Maurizio di Monti e di S. Quirico d’Assereto, a ovest dai sestieri Cappelletta (rio Tangone, rio Cereghetta, asse di via Zignago) e Costaguta (parallelamente al corso del Boate), a sud costeggia il braccio di mare tra piazza Martiri della Libertà (Chiosco della Musica) e la foce del Boate, a est confina con il sestiere Borzoli (torrente S. Francesco, via Fratelli Betti, asse di via Magenta).

L’attuale vessillo, che sventola durante i giorni delle festività patronali dal pennone dello storico punto di sparo pres- so i Bagni Lido, è stato dipinto dal pittore rapallese Italo Primi e inaugurato nel 1965. È l’unica bandiera che presenta tre raffigurazioni. Negli spazi lasciati liberi dalla croce rossa su campo bianco, su modello dell’emblema della Repubblica Genovese, infatti, sono effigiati insieme al miracoloso Quadretto i due santi patroni Giuseppe e Agostino.

La fede dei massari al vescovo di Ippona è chiaramente testimoniata dalla cappella a lui dedicata sulle colline del sestiere, edificata con il coinvolgimento attivo della popolazione a partire dal 1933 dopo la definitiva soppressione e la trasformazione in ospedale del convento agostiniano cittadino. La struttura esterna è semplice: un porticato precede l’unica aula a terminazione rettilinea coperta da volta, affiancata dalla piccola sacrestia dalla quale si accede al campanile che, grazie alla presenza di amplissime monofore, quasi si smaterializza fondendosi con gli ulivi che popolano le colline circostanti. L’interno è arricchito da un ciclo decorativo realizzato ad olio da Pietro Delfitto nel 1980. Con uno stile vibrante e originale l’artista ha narrato sulle pareti, accanto ad alcuni momenti chiave della storia biblica, gli episodi salienti della vita del santo. La ricorrenza si celebra ogni anno il 28 di agosto. Quest’anno (2015 ndr) al sestiere compete, oltre all’organizzazione del consueto spettacolo pirotecnico a notte, la tradizionale sparata del Panegirico. Momento culminante dei tre giorni di festa segue il pontificale delle ore 10 prolungandone la sacralità e la solennità. Colpo dopo colpo come una lunga preghiera di ringraziamento che sale al Santuario, la teoria dei tipici mortaletti liguri si snoda ritmicamente per la passeggiata a mare, concludendosi nel fragoroso ramadan ai piedi della statua di Cristoforo Colombo. Il Panegirico di Cerisola aveva originariamente inizio in via Laggiaro presso l’Osteria del Galletto e da qui proseguiva lungo il corso del rio Cereghetta per chiudersi sempre in piazza IV Novembre.

L’Osteria di Mingo Zerega detto u galettu e la vicina bottega di Giacomo Bavestrello sono state a lungo punti di ritrovo per i massari che ancora oggi si riuniscono in un piccolo locale messo a disposizione dalla famiglia Bavestrello nelle immediate adiacenze. Accanto a Mingo e Giacomo hanno lasciato un ricordo indelebile Silvio Bavestrello, Gin Curletto, Pippo Caprile, Gio.Batta Capurro, Vittorio Crovo, Rinaldo e Mauro Ferretti, Emilio Garbarini, Berto Simonetti, con tutti gli altri che non possiamo qui ricordare ma che attraverso il lavoro, le fatiche, la fede hanno reso onore al proprio sestiere. Venuti prima di noi ci hanno insegnato a fare nostre quelle tradizioni che loro stessi avevano conquistato con fatica, come loro percorriamo un cammino che pur essendo radicato nel passato è tutto proiettato al futuro, ogni massaro ne vive un tratto e sente su di sé la responsabilità di saper mostrare la via a chi dopo di lui si metterà per strada.

I Massari del Sestiere Cerisola

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