I mortaletti

I MORTALETTI

 

I mortaretti furono importati, dalla Sicilia, si dice, da un certo signor Pescia, commerciante di cereali che trasportava a mezzo di velieri da Palermo a Rapallo grano, avena, fave, vino, agrumi ecc.

Questo signore aveva sposato una della famiglia Fontana, allora proprietari dei caseggiati di piazza Orientale o da Basso (l’attuale piazza Garibaldi), uno dei più ricchi casati di allora.

Portò il culto anche in Parrocchia di S. Rosalia e S. Lucia che nel XVII secolo furono proclamate compatrone dell’attuale basilica. Dunque i mortaretti furono portati nel detto secolo, mentre i “fuochi” si conoscevano già.

I mortaretti erano fino alla fine dell’Ottocento di ferro, mentre coi primi anni di questo secolo i sestieri, man mano che avevano risparmiato qualche soldo, li sostituirono in una miscela di ghisa, materiale più sicuro,”

I fuochi d’artificio si eseguivano in piazza dell’Olmo o piazza Occidentale, ora piazza Cavour, sino alla fine del 1850.

Si trattava di girandole, di cerchi che si innalzavano alcune decine di metri e poi, con un finale di scoppiettii ove appariva un quadro sulla storia della Madonna e le più volte era il quadro dell’Apparizione.

Questi fuochi pirotecnici venivano eseguiti sulla “macchina dei fuochi”, un apparato in legno, grandioso, appositamente costruito e di un certo valore in quanto vi erano collocate numerosissime statue e angeli e putti in legno, ognuno al suo posto e  qualcuno di cartapesta ben decorata.

La macchina dei fuochi era collocata di fronte all’attuale Galleria Montallegro.

I cittadini si disponevano ad anfiteatro definito con sedie e si godevano lo spettacolo. Tutto questo accadeva nelle prime ore dopo mezzanotte.

Quando fu costruita la strada per la stazione (prima era un viottolo di campagna) i “fuochi” si trasferirono sulla piazza della stazione, sempre collocati sulla “macchina dei fuochi”. Col traffico ferroviario in aumento, dopo la guerra libica i fuochi furono portati nello spiazzo del ponte Annibale.

Con l’alluvione del 1915 la furia delle acque scardinò la porta del magazzino di vico dell’Olmo ove erano custoditi i pezzi della macchina dei fuochi e trascinò via tutto l’apparato e non si recuperò più nulla. Siccome la macchina dei fuochi era stata dichiarata monumento nazionale dall’Intendenza delle Belle Arti della Liguria ci fu anche l’interessamento di questo ente per trovare qualche resto sulle spiagge liguri ma nulla vi si è recuperato.

Dopo la guerra mondiale i fuochi con palchi provvisori si eseguivano sul molo-pennello alla radice del Boate. Questo fin quando si sciolse il Comitato Coordinatore che era formato dalla fabbriceria del Santuario, da quella della Basilica, dal rappresentante del Comune e dal Vescovo diocesano, che aveva sede in piazza Cavour, presso l’archivio del Santuario. E quindi il Comitato tralasciò di fare i fochi detti “di palco” passandoli all’iniziativa di ogni sestiere, dandogli un contributo. Il Comitato aveva il compito di pensare all’illuminazione del paese e coordinare gli spari dei sestieri. Quando le funzioni in chiesa erano finite e quando il Comitato vedeva l’ora giusta di iniziare, col suono del campanone della Torre Civica si iniziava la sparata dei mortaretti.

Il segnale partiva dal molo Langano: non dal sestiere San Michele ma dal rappresentante del Comitato che si trovava all’altezza di Villa Costa, alla radice del molo.

Il Comitato eseguiva tutto come fosse un sestiere. Gli spari consistevano nel dar fuoco al primo mortaretto (caricato con polvere nera, con un pezzo di ferro tondo si comprimeva la segatura sulla polvere e si ultimava con un po’ di calcinaccio) rispondeva il sestiere di San Michele, che sparava al molo Langano, poi Seglio che eseguiva gli spari alle Nagge, in via Avenaggi, Borzoli sul molo del castello, Cerisola all’altezza dell’attuale monumento a Cristoforo Colombo (non esisteva la rotonda degli attuali bagni Lido), Cappelletta all’altezza del ponte Annibale ed infine Costaguta nell’allora cantiere navale ora Giardini Partigiani.

Il primo turno era di venti mortaretti, poi seguiva una piccola sparata per tutti i sestieri. Questo per altri due turni.

Poi le sparate si facevano più consistenti ed infine era il momento di quelle lunghe ed i sestieri si sbizzarrivano in grossi ramadan e grossi mortai.”

(da Antonio Scazzola)

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